Dipendenza patologica

Il cattivo uso (abuso e dipendenza) delle sostanze attive sulla psiche («droghe») e le dipendenze comportamentali rappresentano fenomeni universali e sono considerati attualmente tra i più gravi problemi di salute pubblica. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità (1969), per «dipendenza da droghe» si intende uno stato, psichico e talvolta anche fisico, derivante dall'interazione tra un organismo vivente e una droga, caratterizzato da risposte comportamentali e da altre risposte, che sempre comprendono una compulsione ad assumere tale droga in modo continuo o periodico (dipendenza psicologica) allo scopo di sperimentare i suoi effetti fisici e, talvolta, per evitare il malessere dovuto alla sua assenza (dipendenza fisica e sindrome da astinenza). La tolleranza può essere o non essere presente (per «tolleranza» si intende il modo in cui di solito l'organismo vivente si adatta alla presenza ripetuta di una droga, per cui dosi maggiori di quella droga sono richieste per riprodurre i suoi effetti originari o effetti simili). Una persona può essere dipendente da una o più droghe. Fin dall'antichità le droghe hanno fatto parte della nostra vita e ne hanno accompagnato lo sviluppo. Testimonianze storiche della presenza di alcol, oppio e altre droghe sono state ritrovate nei più antichi scritti egiziani e cinesi. Durante gli ultimi secoli i progressi nel campo della politica, del commercio e della tecnica hanno modificato tipi, offerta, costo e disponibilità delle droghe nonché il loro modo di assunzione. Il commercio internazionale e il reddito crescente favorirono la produzione e la distribuzione delle droghe e, con la sempre maggiore disponibilità di denaro, aumentò il loro uso. Nella metà dell'800, a pochi anni dalla sua invenzione e dalla sua diffusione per scopi medici, l'iniezione parenterale venne rapidamente utilizzata per l'autosomministrazione di droghe. La purificazione e la modificazione di composti estratti dalle piante (per esempio, la cocaina dalle foglie di coca, la morfina e l'eroina dall'oppio, e l'hashish dalla cannabis sativa) produssero sostanze più potenti e più facili da contrabbandare e da vendere in modo illegale. In laboratorio vennero sintetizzate nuove droghe (le amfetamine come stimolanti, i barbiturici, le benzodiazepine e l'oppioide fentanyl come sedativi e la fenciclidina come allucinogeno), che risultarono più potenti e spesso meno costose dei composti purificati estratti dalle piante. Il desiderio di sperimentare un'alterazione dello stato di coscienza sembra essere una componente innata della condizione umana, e oggi più che nel passato siamo circondati da ogni tipo di droga, in forma di tazze di caffè o di tè, di bicchieri di birra, vino o whisky, di sigarette, di cocaina da sniffare, di spinelli, di tavolette di acidi allucinogeni, di dosi di eroina e anche di compresse di farmaci per l'ansia e per l'insonnia. L'uso di droghe è diventato in qualche modo parte della nostra coscienza psicologica e culturale. Tuttavia il fatto che una determinata società stabilisca quali droghe sono legali e quali no non ha a che fare con le loro proprietà farmacologiche o il loro valore terapeutico, ma piuttosto è influenzato dal clima politico, dai contesti socioculturali, dallo sviluppo storico e da considerazioni religiose (Rassool, 1998). Per esempio, in varie epoche l'uso del tè, del caffè e del tabacco è stato considerato illegale nei paesi occidentali. Le più comuni droghe possono essere distinte in quattro principali gruppi: deprimenti, stimolanti, psichedeliche e inalanti (Schuckit, 1995). Le droghe deprimenti (alcol, barbiturici, benzodiazepine, oppiacei) sono tra le più vecchie droghe conosciute e usate dall'uomo. Nonostante l'espandersi della moderna farmacopea, l'alcol continua ad essere la droga deprimente più ampiamente usata e abusata nella nostra società. Tra le droghe deprimenti legali, i farmaci sedativi e ipnotici, prescritti e assunti in modo corretto, danno, quando necessario, sollievo al malessere causato dall'ansia e dall'insonnia. Molti oppiacei sono farmaci utili e importanti, usati in medicina come analgesici. Anche l'eroina, utilizzata in passato per la disintossicazione dal morfinismo, possiede potenti proprietà analgesiche. La diffusione dell'abuso di oppiacei, che si ebbe in Europa e negli Stati Uniti tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, fu il risultato dell'acquisto legale, effettuato principalmente da donne appartenenti alla borghesia, dei composti a base di morfina e derivati (soprattutto sotto forma di laudano). Il numero di coloro che abusavano degli oppiacei prescritti come farmaci predominò fino all'inizio del '900, quando tali droghe vennero poste sotto il controllo legale. Successivamente iniziò l'abuso «da strada» di tali sostanze, in particolare tra i giovani di sesso maschile di bassa estrazione sociale. Tuttavia dalla metà degli anni '60 del secolo scorso l'abuso di tali droghe si diffuse nuovamente nella borghesia.

Le droghe stimolanti (cocaina, amfetamine, analoghi delle amfetamine, nicotina), considerate tra le droghe più comunemente usate nel mondo, comprendono sostanze legali e illegali. Come farmaci sono largamente prescritti e grandemente abusati, ma possiedono indicazioni mediche assai limitate. Sostanze stimolanti si possono trovare nelle preparazioni contro il raffreddore e l'influenza, nelle quali sono usate come broncodilatatori e per contrastare la sedazione dovuta agli antistaminici. Gli stimolanti sono pubblicizzati come pillole che riducono il peso, sebbene la loro efficacia abbia una durata estremamente breve e diano uno scarso aiuto effettivo. Per molti secoli vi è stato un uso non medico degli stimolanti, prima ancora della scoperta delle foglie di coca da parte degli indigeni delle Ande nel loro sforzo di diminuire la fame e la fatica. La cocaina fu isolata chimicamente per la prima volta in Germania nel 1857 e le sue proprietà anestetiche vennero applicate in oftalmologia dopo il 1880, mentre le proprietà cliniche dell'amfetamina, sintetizzata per la prima volta nel 1887, vennero riconosciute intorno al 1930. Tuttavia, sino alla fine degli anni '50 e l'inizio degli anni '60 gli stimolanti vennero considerati generalmente innocui, malgrado l'evidente diffusione dell'abuso di cocaina in Germania dopo la Prima guerra mondiale e l'epidemia dell'abuso di stimolanti in Giappone dopo la Seconda. Gli stimolanti, come la cocaina e le amfetamine, sono droghe da strada onnipresenti. La cocaina sotto forma di base libera, crack, e l'amfetamina sotto forma di preparazione pura da fumare, ice, sono forse le più nocive fra tutte le droghe da strada. Gli stimolanti, che tendono ad essere usati con più irregolarità rispetto agli oppiacei, alla nicotina e all'alcol, provocano una potente compulsione, una grave perdita del controllo, un uso perdurante nonostante le conseguenze avverse e devastanti periodi di astinenza (crash) caratterizzati da un desiderio imperioso (craving). Negli ultimi anni si è diffuso, anche nel mondo occidentale, l'uso del khat, un vegetale che viene masticato diffusamente nell'Africa orientale e nello Yemen per le sue proprietà stimolanti, dovute a un alcaloide, il carinone, composto simile all'amfetamina.

Le droghe psichedeliche (Lsd e simili, amfetamine psichedeliche, anestetici dissociativi, cannabis), chiamate anche allucinogeni, non sono sostanze nuove. Per più di duemila anni sono state usate nelle cerimonie sacre e nei riti di passaggio dai Nativi americani, alcuni gruppi dei quali ne fanno ancora uso. Sia i derivati della cannabis (marijuana, hashish) che gli allucinogeni causano un'alterazione del livello di coscienza e sono in grado di indurre allucinazioni. Nelle dosi in genere assunte l'effetto predominante della cannabis è di alterare il «sentire» con minore intensità e senza franche allucinazioni. Gli allucinogeni rendono più intense le percezioni sensoriali (colori, odori, ecc.) o causano sensazioni di natura prevalentemente visiva (illusioni o allucinazioni). La maggior parte degli allucinogeni è simile come struttura chimica, molti somigliano alle amfetamine, alcuni (Lsd) sono sintetici, altri sono estratti dalle piante di cactus (per esempio, il pejote e la mescalina) o da funghi (per esempio, la psilocibina). Malgrado le grandi differenze esistenti tra i diversi gruppi di allucinogeni, tali droghe condividono aspetti ed effetti comuni. Fattori di contesto, come le aspettative e l'ambiente, le motivazioni e le differenti attese, assieme alle influenze ambientali e all'equilibrio psicologico modificano grandemente i benefici percepiti e i problemi connessi con il loro uso. Le droghe inalanti (nitriti alifatici, idrocarburi alifatici e aromatici, idrocarburi alogenati, idrocarburi fluorinati, chetoni, alcoli e glicoli, anestetici da inalazione) costituiscono un eterogeneo gruppo di sostanze industriali che condividono la capacità di causare una depressione generalizzata del sistema nervoso centrale e segni di confusione. E’ probabile che l'uso di solventi inalanti sia esistito, in forme diverse, fin dai tempi antichi e abbia raggiunto proporzioni quasi epidemiche tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, da quando, cioè, furono utilizzabili sostanze come il cloroformio, la benzina e altri agenti simili. Una notevole espansione dell'uso per inalazione dei solventi si ebbe anche durante la Seconda guerra mondiale. Una maggiore diffusione iniziò all'inizio degli anni '60 del secolo scorso quando venne utilizzata come droga inalante la colla dei modellini di aeroplani, per cui l'industria degli hobby modificò le caratteristiche organolettiche delle colle e, di conseguenza, il fenomeno si allargò all'uso dei propellenti degli aerosol e ai solventi industriali. L'uso di tali prodotti (butano degli accendini, acetone per le unghie, propellenti per aerosol, vernici e diluenti di vernici, benzina) permette di raggiungere uno stato di euforia facilmente, senza spendere molto, in modo legale e facile da nascondere. Gli effetti euforizzanti dell'inalazione deliberata sono di durata relativamente breve e, in genere, non hanno sequele negative, ad esclusione del mal di testa. E stata descritta una «sindrome della morte improvvisa da inalazione», consistente nel rapido insorgere di aritmia cardiaca e morte, in soggetti per altri versi sani. Anche se nella maggior parte dei casi l'abuso di inalanti non è causa di morte, è necessario avere molte cautele e vigilare perché è impossibile predire chi avrà fatali conseguenze.

Secondo l'Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (Oedt, 2003), in gran parte dei paesi dell'Unione Europea il consumo problematico di «stupefacenti», cioè il consumo per via parenterale o l'uso prolungato/regolare di oppiacei, cocaina e/o amfetamine, è tuttora dominato dal consumo di eroina, spesso associato ad altre droghe, e si riscontrerebbe con percentuali variabili da 2 a io casi ogni 1000 abitanti adulti (vale a dire tra lo 0,2 e l'1%). Su un totale stimato di 1-1,5 milioni di consumatori problematici circa la metà, cioè 500 000-750 000 individui - corrispondente a una stima percentuale che varia da 2 a 5 casi ogni 1000 abitanti adulti (vale a dire tra lo 0,2 e lo 0,5%) - farebbe uso di droghe per via parenterale. Per «dipendenza comportamentale», o «dipendenza senza droghe», si intende una modalità ripetitiva e obbligata di un dato comportamento, caratterizzata da perdita di controllo, immediata gratificazione (reazione di piacere, di disinibizione o di euforia), conseguenze negative individuali, familiari, sociali e professionali, sensazione di mancanza, di ansia o di malessere e tendenza alla ricaduta quando tale comportamento viene interrotto. Le seguenti caratteristiche cliniche delle dipendenze comportamentali sono sovrapponibili a quelle delle dipendenze da droghe: desiderio insopprimibile di iniziare una sequenza comportamentale potenzialmente pericolosa, tensione crescente fino a che tale sequenza comportamentale non è terminata, riduzione temporanea della tensione alla fine del comportamento, ricomparsa della voglia, del desiderio o della tensione dopo qualche ora, qualche giorno o qualche settimana, presenza di fattori scatenanti e condizionanti esterni e interni, quali tristezza e noia, tonalità edonistica dei primi tempi della dipendenza. Molte attività della vita quotidiana possono rendere schiavi. Gioco, sesso, televisione, acquisti, lavoro, internet, chat, esercizio fisico e videogiochi possono gradualmente assumere le caratteristiche di vere e proprie dipendenze comportamentali. In conseguenza della stretta somiglianza sul piano clinico e comportamentale tra dipendenze da droghe e dipendenze senza droghe la ricerca attuale è impegnata a indagare se vi sia corrispondenza tra le basi neurochimiche e neurofisiologiche dei diversi stati di dipendenza patologica. Numerose dipendenze sarebbero il risultato di esperienze ripetitive, molto frequenti e con una forte carica emotiva, cui corrisponderebbe, a livello cerebrale, un neuroadattamento, cioè specifiche modificazioni dei circuiti neurali che contribuirebbero a perpetuare un determinato comportamento, sia in presenza che in assenza dell'assunzione di droghe (Holden, 2001). Tale teoria individua, come base fisiologica comune a tutti questi stati di dipendenza, il «sistema cerebrale di gratificazione», corrispondente al circuito della do-pamina, neurotrasmettitore che gioca un ruolo importante nelle sensazioni di piacere. Se tale circuito non funziona correttamente, si avrebbe una distruzione di tale sistema della gratificazione legato al piacere, predisponendo alcuni soggetti alle diverse forme di dipendenza. Più recentemente l'applicazione di sofisticate tecniche di neuro-imaging ha permesso di individuare, oltre il circuito della gratificazione, altre strutture cerebrali che vengono attivate durante l'esperienza del craving, connesse con processi di ordine superiore, quali la memoria, la cognitività e l'emozione. Sembra, pertanto, che le basi neurofisiologiche dei fenomeni di dipendenza riguardino un ambito molto più vasto di aree cerebrali. La natura delle dipendenze patologiche è a tutt'oggi oggetto di notevole disaccordo e di grande confusione. Di conseguenza, riguardo alle condizioni di dipendenza da droghe o da certe attività non è stato ancora possibile lo sviluppo di norme sociali e di strategie di trattamento ampiamente condivise. La dipendenza patologica è considerata principalmente sotto tre punti di vista diversi, come condotta immorale, come malattia o come comportamento appreso, dai quali derivano sia l'adozione di strategie diverse per affrontare tale problema nella nostra società che la scelta di approcci terapeutici diversi (Thombs, 1999). Per coloro che concepiscono la dipendenza come condotta immorale, gli alcolisti, i dipendenti da altre droghe o, per esempio, i giocatori d'azzardo patologici non hanno affatto perso il controllo, ma piuttosto scelgono di comportarsi con modalità che fanno soffrire gli altri (per esempio i familiari) e loro stessi. La dipendenza è dovuta a una scelta libera, a un modo di agire moralmente sbagliato, per cui il modo giusto di trattare il problema è di punire l'alcolista, il drogato o il giocatore d'azzardo. Essi non hanno bisogno di assistenza o di aiuto. Le misure più idonee da prendere nei loro confronti sono la detenzione o altre sanzioni e azioni punitive. Secondo questo modello, che ha il vantaggio di essere netto e chiaro, la nostra società non riesce ad affrontare in maniera adeguata il problema essenzialmente a causa della diffusa decadenza dei principi morali. I principali limiti di questo modello sono il fatto di considerare le dipendenze, che originano da fattori biologici, psicologici e sociali, come fenomeni semplici dovuti a libere scelte, e di ritenere che le punizioni siano mezzi efficaci per ridurre la prevalenza dei problemi da dipendenza nella popolazione, contrariamente a quanto la storia ha dimostrato. Secondo chi concepisce invece la dipendenza come malattia, alla base della dipendenza, del comportamento compulsivo, vi è un processo morboso. L'esatta natura della malattia non è pienamente compresa, ma molti sostengono che sia correlata a una condizione di vulnerabilità su base genetica. Secondo questo modello, coloro che presentano una dipendenza patologica sono vittime di una malattia, perciò non hanno scelto liberamente quel comportamento e, in ogni caso, hanno perso il controllo su di esso. Di conseguenza ai pazienti vanno riservati cura compassionevole, aiuto e terapia, cioè un trattamento idoneo sotto la supervisione del medico. Il trattamento basato sul modello della malattia dà particolare importanza alla cura delle complicazioni mediche, che spesso accompagnano gli stati di dipendenza (per esempio, epatopatie, ulcera gastrica, anemia, malattie infettive). Gli aspetti positivi di questa prospettiva sono numerosi: i pazienti vengono aiutati, piuttosto che essere disprezzati e puniti; la società, infatti, è più propensa ad allocare risorse in favore di persone che hanno una malattia piuttosto che in favore di persone che hanno un vizio, e l'esperienza passata dimostra che, seguendo questo modello, sono stati aiutati a tornare a una vita normale migliaia e migliaia di alcolisti e di tossicodipendenti. La debolezza di questo punto di vista sta nella relativa mancanza di accertate e documentate evidenze scientifiche dei concetti chiave che lo sostengono.

Secondo il punto di vista che fa della dipendenza un comportamento appreso, la dipendenza patologica non è un peccato (modello morale) né una conseguenza della perdita di controllo su un determinato ambito comportamentale (modello medico), ma è un comportamento problematico appreso sotto il preciso controllo di eventi ambientali, familiari, sociali e/o cognitivi. L'individuo non è vittima di un processo morboso ma è vittima di condizioni di apprendimento distruttive, per cui il comportamento di dipendenza è sostanzialmente non scelto. La dipendenza patologica sarebbe un comportamento maladattivo, cioè una modalità di comportamento, che ha conseguenze estremamente dannose anche per le famiglie (e in molti casi per la società). Il che non significa che coloro che presentano una dipendenza patologica siano malvagi o irresponsabili. Secondo questo modello, il trattamento si dovrebbe basare sui principi dell'apprendimento ed essere finalizzato all'insegnamento di abilità idonee a prevenire la ricaduta. In genere particolare attenzione è posta sull'addestramento e sulla sperimentazione delle diverse procedure, soggette a frequenti cambiamenti in relazione all'andamento del percorso terapeutico, nel quale sono previste, quando necessarie, anche le terapie farmacologiche. Il trattamento degli stati di dipendenza patologica, che in linea generale è psicologico, sociale e medico, deve mirare al raggiungimento di una serie di obiettivi: il miglioramento della salute fisica e psichica, lo stabilizzarsi di valide relazioni sociali e familiari, la riduzione dei comportamenti a rischio (ad esempio, lo scambio di siringhe usate), lo svolgimento di un'attività lavorativa continuativa, la diminuzione dei comportamenti delinquenziali.

In Italia il sistema di cura delle dipendenze è essenzialmente basato sui servizi pubblici per le tossicodipendenze (Sert), con compiti generali di prevenzione, cura e riabilitazione, e sulle comunità terapeutiche, strutture residenziali di cura e riabilitazione gestite da organizzazioni private. Negli ultimi anni il riscontro sempre più frequente nei casi affetti da dipendenza patologica della compresenza di altri gravi disturbi psichiatrici («casi con doppia diagnosi») ha posto nuovi problemi organizzativi ai Sert e ai servizi per la salute mentale per una migliore integrazione delle strategie di trattamento.

GIUSEPPE ZANDA